Bellini e la polledra ardente
Processo postumo a Giulia Samoyloff accusata dell’avvelenamento di Vincenzo Bellini
Musiche di Vincenzo Bellini e Giovanni Pacini
Testo e regia di Francesco Esposito
Consulenza di Carmelo Neri Direttore del Museo Belliniano di Catania
Personaggi: Giulia Samoyloff – Adalgisa Gioacchino Rossini – Dalmas – Norma-Giuditta Turina – Elvira – Romeo – Pollione – Vincenzo Bellini Giulietta – Enrichetta – Flavio – Conte Rodolfo
Lo spettacolo è diviso in 12 episodi:
Lo sgomento – Il corteo funebre – Il pettegolezzo – Il tradimento – Giuditta – Il giornale – Il deputato del sinedrio – L’avvelenamento – Il processo – La paura – Il giornale seconda edizione – La condanna
…si apre il sipario sul Requiem di Giovanni Pacini scritto da questi per il ritorno delle ceneri di Bellini in Italia, un modo per tacitare il senso di colpa che il musicista rivale si porta dentro dalla “morte” del compositore catanese. In realtà la colpevole sembra essere solo Giulia Samoyloff allontanata dalla patria dallo Zar Nicola I…
Il suo giudice, il suo avvocato: Vincenzo Bellini, la giuria è il mondo occidentale che l’ha sempre invidiata e rifiutata.
Colpevole o innocente?
Colpevole! Colpevole! Colpevole! Decreta la giuria.
Colpevole di cosa?
Avvelenamento o passione? Assassinio o frustrazione?
Profilo storico
Era verso la fine di gennaio di quel 1828, quando arrivò a Milano, Giulia Samoyloff (Julija Pavlovna Samojlova). Veniva dalla lontana terra di Russia, da San Pietroburgo per la precisione, sua città natale. Nemmeno quasi il tempo di disfare i bagagli, che le era già piovuto l’invito da parte del conte ungherese Giuseppe Batthiany, ciambellano di Sua Maestà, al grande “Ballo del Romanticismo“, da lui stesso organizzato nel suo nuovo palazzo a Porta Orientale, a due passi dai caselli daziari appena costruiti.
L’anno si stava preannunciando finalmente un po’ più sereno di quelli appena trascorsi: era da poco passato il colera che aveva imperversato negli anni precedenti: era finalmente morto il terribile Francesco I che aveva fatto incarcerare allo Spielberg tanti patrioti fra cui Silvio Pellico, Federico Confalonieri e altri, costringendo all’esilio molti giovani milanesi.
Era proprio per il desiderio di tornare alla normalità, che questo ballo era stato accolto con molto favore dalla nobiltà milanese. La partecipazione al ballo di carnevale in maschera di quel memorabile mercoledì 30 gennaio, fu l’occasione per Giulia di fare la sua prima comparsa pubblica nell’alta società meneghina, a pochi giorni dal suo arrivo in città.
Gli invitati erano numerosi, vestiti con i costumi più originali ed eleganti, quasi tutti ispirati al Rinascimento. Per fare un esempio, l’autore di 58 di quei costumi, il grande pittore Francesco Hayez, si era vestito da “Giulio Romano”, il famoso pittore del Palazzo Tè di Mantova. In una rievocazione della corte cinquecentesca di Francesco I, re di Francia, la giovane coppia di sposi Emilio e Cristina di Belgioioso erano vestiti da gentiluomo e da dama di corte. Giulia, dal canto suo, fece il suo ingresso in società, presentandosi vestita da contadinella russa.
L’inattesa apparizione a quella festa, di questa bellissima fanciulla, dai riccioli corvini e gli occhi smeraldo, creò subito scompiglio fra la nobiltà milanese presente. Avvolta nel mistero più fitto, la sua presenza, immediatamente notata pure dalla gente in città, diventò motivo preferito di chiacchiere e naturale oggetto d’interesse da parte dell’aristocrazia, nei circoli della Milano bene. Lei, deliziosa venticinquenne, dal sorriso dolcissimo, soggetto molto appariscente, fresca, straordinariamente bella, aveva dalla sua anche un fascino irresistibile. Sempre elegantissima, avvenente, non poteva non essere oggetto degli sguardi, dei commenti e delle attenzioni maschili e naturalmente anche causa di invidia e gelosia, da parte dell’ambiente femminile. Quell’eccesso d’interesse riservatole dagli uomini (mariti o amanti che fossero) aveva creato indubbio nervosismo e mal celata preoccupazione fra le nobildonne dell’alta società che vedevano la sua presenza come foriera di sinistri presagi per la serenità di tante coppie. Ma chi era costei, capitata all’improvviso dal nulla, quasi un fulmine a ciel sereno, a scombinare le carte delle bellezze nostrane?
Soggetto spumeggiante, con tanta fame di vita e assetata di emozioni, non riusciva ad avere una relazione che potesse essere stabile nel tempo. I suoi amori erano spesso dei “fuochi di paglia”. Le sue frequentazioni passionali, qualche volta interessate, erano quasi sempre altolocate: i suoi amanti, scelti prevalentemente fra nobili, musicisti o artisti. Contarli tutti, sembra davvero un’impresa impossibile.
Ebbe ad esempio una travolgente, appassionata breve storia con Vincenzo Bellini che, nel giro di poco, venne sostituito dall’altro compositore catanese Giovanni Pacini, figlio del più celebre Luigi Pacini, tenore e musicista. Non era tip da tirar fuori gli artigli, eppure quella volta accadde: doveva averle fatto qualche serio sgarbo Vincenzo Bellini se, mentre lei si era messa col suo rivale Pacini, per favorire l’ascesa di quest’ultimo, non esitò a ingaggiare una claque che mandò alla Scala a fischiare sonoramente la prima della “Norma” del suo ex-amante.
Anche sulla stessa morte del Bellini, poco dopo che lei lo aveva lasciato, sorsero dei dubbi che gettarono ombre lunghe sulla contessa. L’autopsia eseguita sul corpo del trentaquattrenne musicista rivelò la presenza di tracce di mercurio e si sospettò che la responsabilità potesse proprio essere di Giulia Samoyloff.
Una Giulia presunta “serial killer”, visto che su di lei pendeva non solo il sospetto che avesse avvelenato Bellini per favorire il nuovo amante, ma precedentemente anche il conte Samoyloff , il suo primo marito, morto prematuramente in circostanze strane e più recentemente un secondo marito ancora, il baritono Pery, morto a pochi giorni dal matrimonio, inspiegabilmente per una indigestione di frutta, cosa quest’ultima che permise a qualche buontempone milanese di coniare e far girare per Milano il famoso detto “Pery perì per i peri”!
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Tornando agli amori, fu affettuosamente legata al giornalista scrittore Gian Jacopo Pezzi. Altro suo amante il pittore russo Karl Pavlovič Brjullov, amico di Giovanni Pacini. Pare che per un certo periodo, fosse l’amante “interessata” del conte Francesco Hartig, governatore del Lombardo-Veneto, “interesse” che si dirottò poi sul nuovo governatore Johann Baptist conte di Spaur subentrato dopo di lui, quasi a garanzia del bisogno di protezione della donna. Non erano certo gli unici spasimanti questi: nel suo “palmarès” c’era anche un generale austriaco nella persona di Karl Ludwig von Ficquelmont, capo del consiglio di guerra aulico dell’Impero, cosa questa che turbò non poco i sonni tranquilli dei milanesi che, mal sopportando gli occupanti, cominciarono a tenerla più alla larga a causa delle sue presunte tendenze filo-austriache, e i troppo frequenti abboccamenti col “nemico”.
Non potendo avere figli suoi, Giulia adottò Giovannina ed Amacilia, le due bambine del suo amante Giovanni Pacini rimasto vedovo con due figlie, prima ancora di conoscerla. Anche dopo che si lasciarono e lui si risposò con un’altra donna, rimasero intimi per anni.